mercoledì 27 agosto 2014

Leonard Bernstein - "Giocare con la musica"

Beethoven secondo Andy Warhol
I curatori del sito dedicato alla musica classica, contemporanea e jazz www.classiccat.net hanno compilato una lunga lista dei compositori più popolari di tutti i tempi.
Le prime dieci posizioni sono le seguenti (i compositori vengono elencati con cognome e nome, come a scuola - come potete notare in elenco c'è solo un italiano):
1 Beethoven, Ludwig van
2 Mozart, Wolfgang Amadeus
3 Bach, Johann Sebastian
4 Chopin, Frédéric
5 Tchaikovsky, Pyotr Ilyich
6 Vivaldi, Antonio
7 Brahms, Johannes
8 Handel, George Frideric
9 Schubert, Franz
10 Adam, Adolphe
Leonard Bernstein
Il nome del compositore, direttore d'orchestra e pianista Leonard Bernstein (vero nome: Louis Bernstein, nato a Lawrence, 25 agosto 1918 – morto a New York, 14 ottobre 1990) si trova solo al 67° posto. Ricordare in occasione del suo anniversario di nascita, anche se in lieve ritardo, la figura e l'importanza di Bernstein è opportuno perché, oltre a memorabili esecuzioni delle opere sinfoniche di autori come Brahms e Gershwin, oltre a scrivere musiche per balletti, cori e orchestre, oltre a essere l'autore di concerti di musica da camera o per solo pianoforte, BErnstein scrisse una delle colonne sonore più acclamate di tutti i tempi, quelle del musical West Side Story. Tutto qui? No, fu anche un eccellente insegnante. Con questo ruolo si prefisse l'obiettivo di trasformare in un ascoltatore attivo, informato e consapevole chiunque fosse incuriosito e affascinato dalla musica. A partire dal 18 gennaio 1958 realizzò per la Columbia Broadcasting Corporation il primo di 53 Young People's Concerts (questa serie era nata nel 1922 grazie a Ernest Schelling), accompagnato dalla New York Philarmonic Orchestra.
West Side Story
Si trattava di lezioni-concerto in cui Leonard Bernstein raccontava le vite dei compositori e spiegava la musica con chiarezza, descrivendo la struttura delle melodie e dei climi armonici, la funzione degli intervalli, le caratteristiche peculiari dei diversi stili espressivi.
L'obiettivo di Bernstein era limpido: fare in modo che spettatori e telespettatori familiarizzassero con il lavoro di tanti compositori importanti, apprendendo la natura dei processi di scrittura musicale e appassionandosi anche a ciò che, per ragioni disparate, non conoscevano o temevano di 'non capire'.
Leonard Bernstein
Queste lezioni furono trasmesse in prima serata dalle TV di quaranta Paesi del mondo. Alcune lezioni sono state trascritte e stampate nel volume Leonard Bernstein's Young People Concerts, pubblicato in italia dall'editore excelsior 1881 con il titolo Giocare con la musica: nel 2010 questo testo fondamentale è stato ristampato per la quarta volta.
Credo che tutti, nel nostro piccolo di addetti ai lavori del Settore Musica, dovremmo prendere esempio da Leonard Bernstein. Come? Agendo sul campo, come ha fatto ieri Gualtiero (vi invito a leggere il divertente post pubblicato il 26 agosto) o come ricomincerò a fare io, a breve, con gli incontri / lecture in pubblico dedicati alla musica.
Vi terrò / vi terremo informati.
Maurizio Principato

martedì 26 agosto 2014

BigG VS Basi 'sintetiche': 1-0

Piccola digressione famigliar-musicale: oggi pomeriggio il figlio più grande della mia compagna, Chicco, mi ha portato a casa due amici 'aspiranti' rapper.
Chi mi conosce sa, e chi legge il blog da un po' avrà capito, che io amo molto il rock (in tutte le sue forme), il blues e il jazz ma, in realtà, ho avuto anche dei trascorsi con la musica elettronica e l'hip hop.
I ragazzi vengono da me perché ho la possibilità di farli registrare in modo decente e poi sanno che sono 'relativamente giovane' e quindi non li giudico, anzi, se posso do loro una mano.
Tutto questo è solo un preambolo per una riflessione nata dopo che i b-boys se ne sono andati, durante la registrazione mi sono reso conto che la qualità della base che stavamo usando era davvero inascoltabile allora l'ho riregistrata. Trovato un campione di batteria buono ci ho aggiunto le tastiere, suonandole, il basso, suonandolo e un paio di chitarre, sempre suonate da me.
La cosa straordinaria è stata la reazione dei ragazzi quando hanno visto che si poteva rifare, meglio, quello che loro avevano scaricato da YouTube con tanta fatica.
Sono convinto di aver innestato in loro il seme del dubbio: «Ma allora se sapessi suonare uno strumento potrei farmi da solo le basi, magari anche più fighe di quelle che trovo in giro...».
Direi che la mia giornata, e forse la settimana intera, ha preso un'altra piega dopo aver visto le loro facce, chissà, forse è questa la vera strada da percorrere per fare 'cultura musicale'.

Gualtiero 'BigG' Tronconi 

Quel giorno in cui Slowhand suonò con Skydog

Da sinistra a destra: Eric Clapton e Duane Allman
È l’agosto 1970, Eric Clapton si trova ai Criteria Studios di Miami con la sua nuova band, i Derek and the Dominos. Le session per la registrazione del loro primo album erano iniziate da qualche giorno ma, malgrado la quantità di talento presente in studio, l’ispirazione latitava.
Così, il 25 agosto, per cercare di dare una spinta al gruppo, il produttore Tom Dowd decide di portare Eric a vedere un concerto degli Allman Brothers, per cui Tom stava producendo l’album “Idlewild South”.
Il chitarrista inglese resta subito affascinato dal suono della chitarra di Duane Allman che, a sua volta, rimane scioccato di vedere uno dei suoi idoli tra il pubblico. Dowd ricorda: «Duane è nel bel mezzo di un assolo quando apre gli occhi e guarda in basso, immediatamente sbianca e smette di suonare. Dickey Betts, l’altro chitarrista della band, sente che Duane ha 
Duane Allman
interrotto l’assolo e pensa che abbia rotto una corda o qualcosa di simile, così fa per subentrargli nell’assolo ma poi abbassa lo sguardo e vede Eric, così volta le spalle spalle al pubblico e non ci pensa proprio a suonare… Fu così che Eric e Duane si videro per la prima volta».
Finito il concerto Clapton invita tutti gli Allman Brother ai Criteria per una jam. La session dura fino alla mattina del 26 agosto e, riponendo gli strumenti nelle custodie, Duane chiede ad Eric se possa essere presente, come osservatore, alle incisioni dei Derek and the Dominos, la risposta dell’inglese non si fa attendere: «Certo, ma porta la tua chitarra così suoniamo».
Il 28 agosto Duane si unisce al resto della band: Bobby Whitlock (tastiere e voce), Jim Gordon (batteria) e Carl Radle (basso) e nasce subito la magia, il primo brano che provano assieme è “Tell The Truth”.
Eric Clapton
Alla fine Allman verrà accreditato solamente in due brani, la cover di Jimmy Cox "Nobody Knows You When You're Down and Out" e "Thorn Tree in the Garden" anche se il suo contributo al disco è molto più importante e profondo di quanto le carte e i crediti non dicano.
Alla fine delle registrazioni Clapton provò anche ‘rubare’ il chitarrista alla sua band di origine per portarlo in tour, ma Duane rimase fedele ai suoi confratelli musicali e declinò l’invito.
Alla morte del genio della sei corde  americano, il 29 ottobre 1971 in un incidente motociclistico, Eric dichiarerà: «Duane era il fratello musicale che non ho mai avuto ma che avrei sempre voluto».
La copertina di “Layla and Other Assorted Love Songs”
Piccola nota a margine, la mitica jam della notte del 25 agosto ha visto le stampe solo venti anni dopo la pubblicazione del disco “Layla and Other Assorted Love Songs”. Potete ascoltarne alcuni stralci nel secondo CD di “The Layla Sessions: 20th Anniversary Edition” del 1990.

Gualtiero 'BigG' Tronconi

domenica 24 agosto 2014

Largo all'avanguardia: Stabat Akish (Francia)

Frank Zappa [1940 - 1993]
Nel corso della propria carriera il compositore, musicista e filosofo Frank Zappa rilasciò un numero elevato di interviste. Se l'intervistatore era impreparato e/o ottuso ne risultavano interviste poco o niente affatto interessanti in cui non emergevano aspetti legati al lavoro, al pensiero e agli intenti di Zappa. Se l'intervistatore, al contrario, era preparato e acuto allora ne scaturivano conversazioni di spessore, utili per capire la musica dell'intervistato e, con qualche aggiustamento di mira, il senso della vita e dell'Universo.
Alcuni estratti da buone interviste a Zappa si trovano nel libro "Frank Zappa. Compositore americano 1940-1993" (editore Auditorium, Milano) di Marco Bazzoli.
Una bella intervista completa rilasciata da Zappa al giornalista e studioso americano Paul Zollo è contenuta nell'ottimo volume "Rocknotes - I grandi songwriters si raccontano" (editore Minimum Fax).
Una delle riflessioni illuminanti di Zappa che preferisco è questa:
«Quando un compositore scrive della musica si sta comportando come un cuoco che scrive una ricetta su un foglio. L'esecuzione della musica e la preparazione del cibo sono un altro discorso. Una partitura è l'equivalente di una ricetta e una ricetta NON è una pietanza di cui cibarsi a meno che non siate così cretini da pensare che le ricette si mangiano».
Stabat Akish
Saggezza.
Ho ritrovato questa frase perlustrando il sito della band francese Stabat Akish, un sestetto di stanza a Toulouse guidato dal contrabbassista e autore Maxime Delporte.
La musica degli Stabat Akish è un contenitore di esperienze/generi musicali dove si intrecciano senza soluzione di continuità jazz, rock, musica sperimentale, fughe atonali e fantasiose bizzarrie che sfuggono alle catalogazioni.
Avanguardia? Sì, nel senso migliore e meno elitario del termine.
Gli Stabat Akish sono 'zappiani'. Mi spiego meglio. NON scimmiottano Frank Zappa né lo emulano ma, dopo averne studiata la lezione, sviluppano un loro personalissimo percorso musicale ricco di invenzioni piacevoli o urticanti o allegramente folli. In questo senso sono anche 'zorniani' (da John Zorn).
C'è bisogno di musica così? Assolutamente sì.
Ferdinand Doumerc
È l'unico modo per tenere viva la voglia di ascoltare 'cose' nuove senza restare imprigionati nella palude dei nostalgici, ovvero di coloro che ritengono buone solo le canzoni o le composizioni del passato.
Non è normale lmitarsi ad ascoltare gli stessi gruppi per tutta la vita. Significa restare fermi e l'immobilità è disdicevole perché impedisce la crescita spirituale e lo sviluppo cerebrale.
Muoversi fa bene e gli Stabat Akish, per quanto non sempre immediati e quindi distanti dal concetto di 'facile fruizione', contribuiscono a mantenersi mentalmente agili.
Ascoltate per esempio il brano in studio Troide oppure Brainstorm Suite 2 et 5.
La musica è una galassia di linguaggi e ogni artista degno di essere definito tale parla un suo (diciamo così) dialetto. Tenersi in esercizio ascoltando il maggior numero di dialetti possibile è una buona cosa e mi sento di suggerirla a chiunque desideri nutrirsi di musica. Chi invece sta bene ascoltando e riascoltando solo che già conosce (a questo proposito vi invito a rileggere il divertente e puntuale post di Gualtiero Tronconi intitolato Ancora?!?) faccia pure come crede.
Da sin: M. Maffiolo, F. Doumerc, R. Lecrerc, M. Delporte
Ma per chiudere usando una metafore tutta italiana, vi propongo un parallelismo con il cibo: provate a immaginare cosa potrebbe significare avere nel piatto tutti i giorni lo stesso menù.
Che palle, vero?
Esatto.
Maurizio Principato
DISCOGRAFIA di STABAT AKISH
Stabat Akish - Tzadik Records [2009]
Nebulos - AltrOck [2012]

Un consiglio cultural-video-musicale

Oggi stavo mettendo in ordine la mia collezione di DVD è mi è venuto in mente di parlarvi di una serie di documentari, realizzata e prodotta dalla Eagle Rock Entertainment, chiamata “Classic Albums”.
In ogni episodio si narra la nascita e la realizzazione di un album, alle volte anche due, che rientra nella Storia della Musica, non necessariamente il rock, attraverso documenti storici, la voce dei protagonisti e registrazioni originali analizzate grazie ai produttori dell’epoca o agli ingegneri del suono che erano presenti in studio.
Sono davvero dei documenti preziosi e interessantissimi, io ne ho parecchi anche se non tutti, nessuno di questi è doppiato ma sono presenti sottotitoli in italiano.
Potete trovarne molti, anche se non tutti temo, su Amazon, ve li consiglio caldamente.

Qui trovate la lista completa dei DVD/episodi della serie:
The Band - The Band
Black Sabbath - Paranoid
Phil Collins - Face Value
Cream - Disraeli Gears
Deep Purple - Machine Head
Def Leppard - Hysteria
The Doors - The Doors
Duran Duran - Rio
Fleetwood Mac - Rumours
Peter Gabriel - So
Grateful Dead - Anthem of the Sun and American Beauty
Green Day - Dookie
The Jimi Hendrix Experience - Electric Ladyland 
Iron Maiden - The Number of the Beast
Jay-Z - Reasonable Doubt
Elton John - Goodbye Yellow Brick Road
Judas Priest - British Steel
John Lennon/The Plastic Ono Band - John Lennon/Plastic Ono Band
Meat Loaf - Bat Out of Hell
Metallica - Metallica ("The Black Album")
Motörhead - Ace of Spades
Nirvana - Nevermind
Tom Petty and the Heartbreakers - Damn the Torpedoes
Pink Floyd - The Dark Side of the Moon
Elvis Presley - Elvis Presley
Primal Scream - Screamadelica
Queen - A Night at the Opera (1975)
Lou Reed - Transformer
Rush - 2112 and Moving Pictures
Sex Pistols - Never Mind the Bollocks
Paul Simon - Graceland
Simply Red - Stars
Steely Dan - Aja
U2 - The Joshua Tree
The Wailers - Catch a Fire
The Who - Who's Next
Stevie Wonder - Songs in the Key of Life
Frank Zappa - Apostrophe (') / Over-Nite Sensation

Gualtiero ‘BigG’ Tronconi



sabato 23 agosto 2014

Keith, the beast…

«Ho sempre detto di essere stato un batterista da ben prima di averne una. Ero un batterista mentale».
Keith Moon

Il 23 agosto del 1946 al Central Middlesex Hospital nacquero parecchi bambini ma solo uno era destinato a rivoluzionare il mondo della batteria rock.
I suoi genitori si chiamavano Alfred Charles e Kathleen Winifred e lui fu registrato all’anagrafe come Keith John Moon.
Una volta cresciuto e affrontate le scuole, le cose per il piccolo Keith iniziano ad andare maluccio, di lui dicono: l’insegnante d'arte «Ritardato artisticamente e idiota in altri aspetti», mentre il suo maestro di musica scrisse «Ha grande capacità, ma deve difendersi dalla tendenza a strafare».
I primi incontri, o forse scontri, con la musica avvengono tramite l’orchestra della Sea Cadet Corps nella quale Keith inizia come trombettista per passare poi alla batteria, nasce così l’amore tra Moon e le percussioni.
Grazie agli studi al Harrow Technical College il giovane musicista riesce anche a trovare lavoro come riparatore di radio e comprarsi così la prima batteria.
A questo punto inizia un periodo di studio sullo strumento con Carlo Little, degli Screaming Lord Sutch, come insegnante che lo accompagna attraverso i ritmi jazz, surf, R&B. Tra i suoi idoli dell’epoca ci sono Gene Krupa, DJ Fontana e i Beach Boys, per i quali nutre una vera e propria ossessione.
Dopo un periodo di apprendistato in varie band di Londra e dintorni, Keith Moon trova la sua casa tra le fila degli Who dove sostituisce la ‘cometa’ Doug Sandom.
Come si suol dire: il resto è storia…

Gualtiero 'BigG' Tronconi

venerdì 22 agosto 2014

Sei copertine sono meglio di una...

I 'Four Symbols' di "Led Zeppelin IV"
Qualche tempo fa vi ho scritto della mia passione per le copertine dei dischi. Oggi cade l’anniversario dell’uscita di una cover che ha fatto storia e scuola: “In Through The Out Door” dei Led Zeppelin.
La band inglese non era nuova a pubblicare copertine insolite e, quantomeno, criptiche. Basti pensare a “Led Zeppelin III” con la possibilità di cambiare elementi della cover ruotando dei dischi dentro di essa. Oppure “Led Zeppelin IV” dove addirittura il nome della band non compare proprio e al suo posto troviamo i famosi ‘four symbols’.
Dal successivo “Houses Of The Holy”, Jimmy Page e soci iniziano una proficua collaborazione con quei geni dello studio Hipgnosis. Proprio Storm Thorgerson, fondatore dello studio, sviluppò il concept per l’ultimo album in studio della band inglese.
Il packaging originale di "In Through The Out Door"
Il disco veniva venduto in una busta di carta giallognola, simile a quella di un pacco postale, con il nome del gruppo e il titolo stampati come un timbro.
La copertina vera e propria, o meglio, le copertine vere e proprie, esistono difatti sei versioni differenti, rappresentavano sette personaggi in un bar. In ognuna delle versioni cambia il punto di vista, ogni volta è quello di uno dei personaggi presenti nella foto, il settimo punto di vista, quello dell’uomo con il completo bianco seduto al banco, è invece riportato in due immagini sulla busta interna.
Altra caratteristica grafica e il trattamento ‘seppia/colore’ delle immagini. Gran parte della foto è in fatti virata seppia, ma c’è sempre una pennellata, o un colpo di spugna, che elimina il viraggio su parte dell’immagine e ne rileva i colori originali.
Le sei copertine
Questo tipo di lavorazione era stato pensato da Thorgerson per dare l’idea di ‘una mano di colore’ su qualcosa di più antico, come ad indicare che questo disco dava il via a una nuova linea musicale intrapresa dal gruppo.
Un’ultima caratteristica unica della grafica, non della copertina, riguarda la busta interna, quella con le foto dal punto di vista dell’uomo al bancone, nella prima edizione le immagini era in bianco e nero ma si coloravano se inumidite. Questa caratteristica non veniva spiegata da nessuna parte nel disco, era lasciata come sorpresa (un easter egg ante litteram) per gli ascoltatori.
La busta interna del disco, 'colorata' ad acqua...
Ovviamente, il fatto di non poter sapere quale copertina di sarebbe capitata comprando il disco diede il via a una serie di acquisti selvaggi e di scambi ‘tipo figurine’ tra i collezionisti e i fan, con il risultato che un operazione comunicativa di spessore e fortemente innovativa si dimostrò anche un’ottima azione di marketing.

Gualtiero ‘BigG’ Tronconi

Almanacco Rock del 22 agosto


1906 - La Victor Talking Machine Company, con sede a Camden, New Jersey, inizia la produzione del primo giradischi per il mercato di massa al mondo, il Victrola. Prezzo: $ 200.

John Lee Hooker
1917 - nasce in Mississippi il ‘padre del blues’, e re del 'talkin' blues', John Lee Hooker.

1958 - a Londra, vede la luce Vernon Reid che poi diventerà fondatore e chitarrista dei Living Colour.

1962 - I Beatles vengono ripresi durante una performance all'ora di pranzo al Cavern Club di Liverpool per la Granada Television. Tuttavia, il filmato viene giudicato troppo sgranato per essere mostrato, quindi Granada lo archivia fino a quando il gruppo non diventa famoso. Verrà trasmesso per la prima volta il 6 novembre 1963.

1963 - la cantautrice e pianista Tori Amos nasce a Newton, North Carolina (USA).

"Eleanor Rigby" dei Beatles nell'edizione USA
1966 - i Beatles lanciano sul mercato "Eleanor Rigby".

1967 - Layne Staley, co-fondatore, co-autore e cantante di Alice in Chains, nasce a Kirkland, Washington; morirà il 5 Aprile 2002 per un mix di eroina e cocaina.

I Derek and the Dominos, da sinistra a destra: Jim Gordon, Carl Radle, Bobby Whitlock e Eric Clapton
1970 -  il supper gruppo formato da Eric Clapton, Bobby Whitlock, Carl Radle, Jim Gordon e la partecipazione di Duane Allman, i Derek and the Dominos, iniziano a lavorare al loro unico album in studio: “Layla and Other Assorted Love Songs”.

1970 - i Moody Blues raggiungono la vetta delle classifiche UK con il loro album “A Question of Balance”.

1977 - Peter Frampton suona al primo di tre concerti sold out al Madison Square Garden di NYC.

1979 - i Led Zeppelin pubblicano il loro ultimo album in studio: “In through the Out Door”.

1983 - i Police arrivano sul mercato con "King of Pain".


1987 - gli headliner del Monsters of Rock Festival a Donington (UK) sono i Bon Jovi.

1997 - gli U2 si esibiscono nella prima di due serate sold out al Wembley Stadium di Londra.  Durante i bis eseguono un medley di ben sei canzoni.

Il 'padrino del soul', James Brown
2008 - La città di Augusta, in Georgia, intitola il suo Centro Civico al suo figlio prediletto, e più famoso, Mr. James Brown.

giovedì 21 agosto 2014

In ricordo di Joe Strummer (21/8/1952 - 22/12/2002)

Nasceva il 21 agosto di sessantadue anni fa il cantante, chitarrista e libero pensatore Joe Strummer (The 101ers, The Clash, The Latino Rockabilly War, The Pogues, The Mescaleros). Per ricordarlo ho pensato di estrapolare un pensiero sui Clash espresso da Pete Townshend (The Who) alcuni anni fa. Eccolo:
«Il lavoro dei Clash echeggiva in qualche modo ciò che gli Who avevano fatto negli anni Sessanta traendo spunto da quello che accadeva tutto intorno. Mi riferisco a quell'atmosfera di malcontento, frustrazione, disaffezione diffusa nel dopoguerra cioè il senso profondo e inguaribile di depressione o rabbia causati dal fallimento delle riforme riguardanti l'assistenza sanitaria e il sussidio di disoccupazione istituite nell'immediato dopoguerra. Quelle riforme furono un'idea del movimento laburista che non si oppose quando ci fu un inevitabile e sbalorditivo aumento delle tasse. Era inevitabile che dei giovani istruiti, colti e consapevoli come i Clash si sentissero costretti a voltare le spalle sia alla destra che alla sinistra, dando l'impressione di essere anarchici. I Clash erano dei poeti. In quanto artisti che lavoravano nel campo della musica pop rock erano completamente liberi di esprimere e riflettere il loro disagio nei confronti del mondo che li circondava. E soprattutto avevano il coraggio di esplicitare un profondo rammarico perché le band che li avevano preceduti – inclusi gli Who – non erano state abbastanza militanti».
(Pete Towshendbrano estratto da “The Clash – Death or Glory” di Pat GilbertFazi Editore 2006)
A seguire, 
potrete trovare il link a un'interessante intervista che Joe Strummer rilasciò nel 1999. 
L'intervista è stata ripubblicata integralmente dallo scrittore piemontese Giuseppe Culicchia all'interno del proprio sito.


Maurizio Principato

mercoledì 20 agosto 2014

Una voce oltre il tempo

Ci sono delle voci che segnano il loro tempo. Delle voci che vanno anche al di là di quel tempo e restano, come una pietra miliare ciglio di quella strada chiamata Storia del Rock.
Una di queste voci nacque, sotto il nome di Robert Anthony Plant, il 20 agosto del 1948. La città era West Bromwich, nello Staffordshire (UK), e i suoi genitori erano Robert C. Plant, un ingegnere civile, e Annie C. Plant, una donna di origini gipsy.
La passione per la musica, il blues in particolare, si manifestò presto nel giovane Plant che, già ai tempi delle scuole secondarie, ‘nutriva’ la sua voce ascoltando Willie Dixon e Robert Johnson.
Tanta era la passione per il blues che Robert non riusciva a pensare ad altro e studiare era proprio fuori discussione, così fini per abbandonare il college per entrare a far parte della scena blues inglese. Lui stesso ricorda: «Ho lasciato casa che avevo 16 anni e ho cominciato il mio apprendistato musicale passando da un gruppo all’altro e ascoltando, e suonando, tutto quello che potevo».
La gavetta passo per una miriade di band e ancor più serate a suonare nei pub riuscendo così a farsi un nome come cantante blues, tanto da essere chiamato prima nei The Crawling King Snake, con alla batteria un altro giovane di ottime speranze chiamato John Bonham, e poi, sempre con John, nei Band Of Joy che univano blues e psichedelia.
Nel frattempo un chitarrista londinese di nome Jimmy Page, cresciuto negli studi di registrazione a suon di session (al suo attivo aveva centinaia di registrazioni in dischi di altrettanti artisti), era arrivato ad essere l’unico ‘erede’ del prestigioso marchio Yardbirds e stava cercando un bassista, un batterista e una voce per continuare a suonare.
Robert aveva lanciato il suo nuovo progetto, gli Hobstweedle, quando Page gli propose un provino.
Ozzy Osbourne, conoscente di Plant da molti anni, ricorda così il racconto di Robert: «Incontrammo Robert fuori dal grande magazzino del paese e ci disse che aveva ricevuto una proposta da parte degli Yardbirds di Jimmy Page, ma forse non avrebbe accettato perché i suoi Hobstweedle, il nome più stupido del mondo, avevano un gran potenziale».
In realtà Robert entrò nei New Yardbirds (come dovevano chiamarsi all’inizio) portando in dono anche un fantastico batterista, il suo amico John ‘Bonzo’ Bonham, ai quali si aggiunge una vecchia conoscenza di Page al basso, John Paul Jones, altro veterano degli studi londinesi.
Nacquero così i Led Zeppelin e la voce di Plant ebbe finalmente una rampa di lancio per decollare verso l’Olimpo del Rock.

Gualtiero 'BigG' Tronconi